9 ago 2017

Kashmir, non solo maglioni

Sono pronto a scommettere che, se prendessi 10 persone a caso e ponessi la domanda: cos'è il Kashmir ? Mi sentirei rispondere in grande maggioranza: una lana morbidissima con la quale si tessono tessuti molto cari utilizzati per lo più per maglie.
Sono pronto a scommettere su questo perché io per primo, sino a qualche mese fa avrei così risposto.
Oggi invece, senza maglia di lana, è dal Kashmir che scrivo.
Abbiamo lasciato il Ladakh ieri mattina, diretti a ovest su strade che finalmente, ma solo temporaneamente, lasciavano scorrere le ruote di Himma e davano a tutti e tre la possibilità di godere a fondo dell'incontenibile potenza sprigionata dal suo motore........
Allontanarsi dal Ladakh per avvicinarsi al Kashmir, sin da subito, ci ha rammaricato.
Sapevamo di lasciare un luogo dove si respira una sensazione di pace.
Non so se dipenda dalla religione del luogo, il Buddismo, ma è un dato di fatto che ogni singola persona incontrata sprigionava sorrisi ancor prima di salutarti.
Così anche più a sud, verso Manali, dove la religione è l'Induismo. Anche in quell'area di mondo la sensazione di pace e grande accoglienza era palpabile.
Poco a poco che i km trascorrevano, diventava sempre più improbabile incontrare monaci buddisti per le strade o persone ad essi legati religiosamente.
Cambiano i volti, spuntano i capelli neri corvino, le barbe si allungano e le donne si coprono d'apprima il capo e poi anche il viso.
Siamo su un territorio completamente dedito all'Islam.
Nulla contro esso ovviamente, abbiamo girovagato in mille paesi dove l'Islam è sovrano e mai abbiamo trovato alcun ostacolo o atteggiamenti negativi nei nostri confronti.
Forse sarà il mio subconscio, forse la differente natura che lega il nostro essere con una filosofia, non solo di vita, così diversa.
Forse sarà il kalashnikov che un militare utilizza, puntandomelo sul ginocchio, per indicarmi gentilmente che potevo sedermi mentre lui mi preparava il pass per accedere alla zona.
Forse sarà il vedere militari super armati e addobbati di tutto punto tanto da apparire come pronti per una imminente guerra.
Non so da cosa dipenda ma il senso di disagio un po' ci pervade.........
Sono tanti i km che percorriamo a bordo di Himma anche quando la sera, inevitabilmente arriva.
Abbiamo ancora un passo da affrontare prima di raggiungere Kargil, cittadina profondamente Islamica,posta su un fiume ma sopratutto a pochissimi km dal confine Pakistano. 
Sono le sei della sera e mancano ancora 65 km, molti dei quali sterrati e a più di 4000 metri di altitudine.
Facile dirsi, come già immagino qualcuno starà dicendo, " ehhh fermatevi prima ragazzi"...
Facile dirsi difficile farsi se non vi sono luoghi dove fermarsi, quindi non resta che annullare qualsiasi tappa e volare.
Raggiungiamo la città senza particolari problemi e troviamo riposo,presso un hotel, il quale da lontano pareva una reggia, da vicino una feccia...
La notte trascorre e stamane ripartiamo presto, obiettivo Srinagar in pieno Kashmir.
Sappiamo che a dividere il punto di partenza dall'arrivo ci sarà un ennesimo passo, non molto alto a dire il vero, infatti è più basso dei precedenti, ma di gran lunga il più mitico ed il più temibile, si chiama Zoji La.
La salita ci fa sorridere.
Avevamo letto narrazioni cruente tanto da far stare svegli i motociclisti prossimi a percorrerlo, ma noi di tutto questo terrore non abbiamo visto nulla.
Sino alla cima.....quando poi superato il punto di picco, dietro una curva a destra, lo Zoji si mette in mostra con tutta la sua crudele e spietata pericolosità.
Una ripida discesa disseminata di tornanti di polvere,talmente fine da sembrare talco, pare essere appiccicata ad una parete a strapiombo con la colla.
Sembra impossibile che la strada stia su, infatti mi fermo, arresto la moto, guardo quella strada e sento il cuore che inizia a battere forte.
Noi, scendendo, saremo costretti a stare per la maggior parte del tempo sul lato sinistro, ovvero sullo strapiombo.
Questo significa che quando incroceremo i camion, e ne incroceremo tanti, lo spazio per noi sarà ridotto o forse....dovremo inventarcelo.
Faccio un veloce conto alla rovescia, 3,2,1 ingrano la prima e parto.
Scendiamo galleggiando su quel talco che si deposita su di noi in ogni anfratto, ci impana la lingua come fosse una bistecca alla milanese, entra negli occhi sino a rendermi cieco a tratti.
Le ruote della moto, in particolare l'anteriore si muove quasi senza controllo ma mai senza abbandonare la traiettoria ideale per tenere anche noi, come la strada, appicciati alla parete.
I camion ci sfiorano e noi siamo spesso costretti a cercare rifugio su quel lembo di terra che, a strapiombo sul nulla, ci permetta di stare.
Quasi una apnea di 10 km, una infinita sensazione di pericolo ma nel contempo di bellezza atomica nel vedere quelle montagne e quei vuoti sotto esse.
Forse è questo che spinge gli alpinisti a salire, forse è questo che spinge noi a scendere.
Tocchiamo terra e finalmente troviamo anche il modo di soffermarci a bere.
La lingua, ormai cementificata, fatica a farci deglutire, ma l'acqua che abbiamo con noi ci dà sollievo.
Saranno i nostri visi ormai più simili a statue di talco che a persone, sarà il nostro modo di essere, comunque, felici oppure sarà la gentilezza degli abitanti del Kashmir, sta di fatto che in un attimo siamo attorniati da donne, uomini e ragazzi i quali ci stringono la mano, ci abbracciano stretti e si fanno fotografare con noi.
Un segno di amicizia che, nei nostri viaggi, abbiamo avuto modo di apprezzare mille volte, mai in Europa, mai in quei paesi detti "pacifici", sempre in quei luoghi che magari non ci hanno fatto dormire le notti precedenti.
Questo, dovrei ricordarmelo in futuro. Spesso lo scrivo ma poi lo scordo.....è proprio la dove il prossimo sembra un nemico che trovo invece un amico.
Ripartiamo nonostante lo spessore di polvere e sabbia su di noi quasi ci ricopra totalmente.
Ci accorgiamo di avvicinarci a Srinagar quando iniziamo a vedere il traffico aumentare.
Proprio nei giorni scorsi, parlando con Gisella, le dissi che quella che stavamo vedendo non era la vera India.
L'India che mi immagino e che in parte abbiamo visto in taxi il primo giorno, non sono montagne meravigliose, non sono strade magari sterrate ma stimolanti, bensì è caos, clacson, regole stradali pressoché nulle, fatiscenza e, ai nostri occhi, degrado.
Mancano 10 km a Srinagar e dall'interfono rompo il silenzio che era venuto a formarsi per dire a Gisella " benvenuta in India".
La città ed il suo delirio ci inghiottono.
Entro in un silenzio dettato dalla concentrazione alla guida.
La guida, per chi si chiedesse cosa intendo, non è guidare il mio mezzo bensì evitare ogni sorta di elemento esterno che stia per urtarci. Auto, camion, moto, tuk-tuk, vacche, cavalli, donne uomini, bambini, cani e per ultimo pecore. Tutto questo è abilitato a circolare per strada, in ogni dove un po' di spazio le permetta di stare.
Una ultima ora definibile, un tantino difficile, tanto da farci sembrare il passo appiccicato alla montagna come una qualcosa di salutare e privo di rischi.
Un po provati ma perlomeno ormi privi di polvere in quanto docciati, stiamo programmando la fuga di domani da questo luogo.
Partiremo alle ore 5 .30 del mattino, così da evitare un po di confusione ( almeno speriamo )
Ci dirigeremo in direzione Sud-Est cercando, in qualche giorno, di rientrare in Ladakh verso la Spiti valley.
Ovviamente mi rendo conto che giudicare un luogo, mediante un post, narrando situazioni vissute in soli due giorni sia estremamente riduttivo e non corretto.
Detto ciò mi scuso con il Kashmir, ma di certo ora ne so più di qualche mese fa.
Ora so che che non è solo un maglione.














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