7 ago 2017

Khardung La.....the King

Nonostante i 3200 metri di altitudine, questo mattino assolato di Leh ci accoglie con una temperatura primaverile.
La giornata di oggi 4 agosto, sarà una preparazione alla salita di domani verso il passo più alto al mondo, nel contempo avremo da dedicarci alla cura della moto la quale, a causa delle strade dissestate, mostra evidenti segni di affaticamento.
I porta borse laterali, ovvero quella sorta di cestelli metallici dei quali tutte le moto in India sono dotati, hanno perso parte dei fissaggi con il rischio quindi di perdere i bagagli ma ancora di più l'equilibrio nel caso si staccassero.
Partiamo quindi per un tour di Leh alla ricerca di qualcosa che aiuti il mio istinto da fai da te ad elaborare qualche congnegno per riparare la moto, in altre parole mi basterebbero due bulloni da 6 mm, cosa questa diffusissima in Italia.
Gisella si perde fra le vie colorate di Leh, immergendosi in una atmosfera di altri tempi e di altri mondi alla ricerca di piccoli ricordi materiali da riporre nei meandri di casa disseminati di immagini di luoghi lontani.
Io invece mi infilo in tutte le botteghe le quali abbiano una parvenza di ferramenta, ma l'impressione che provo ad entrare dentro questi luoghi mi porta talmente indietro nel tempo tanto che la mia memoria si ferma al punto zero della mia infanzia, forse dovrei aver vissuto secoli per ricordare ambienti simili.
Non trovo nulla, salvo un bullone da 8 millimetri, e due fascette metalliche a vite.
Mi farò bastare questo e, contento del mio bottino costatomi 200 rupie, l'equivalente di circa due euro, mi metto alla ricerca di Gisella.
La giornata trascorre mentre all'ombra di un pioppo il quale, nonostante l'altitudine è verdissimo e rilascia i tipici batuffoli del fiorire primaverile, mi accingo a sistemare Himma.
Non ho attrezzi, salvo un coltellino svizzero che utilizzo per allargare il foro dei portaborse.
Con l'aiuto di un ramo lungo un paio di metri e Gisella appesa all'estremità opposta, facciamo leva sul metallo sino a riuscire nell'allineare i due fori.
Infilo con forza il bullone e, nonostante il fiato si sia fatto corto per gli sforzi, siamo felici.
La notte scende e il mattino dopo saliremo su quel punto, infinitesimamente piccolo ma profondamente grande per noi, il passo più alto al mondo, il Khardung La.
Ci alziamo presto, anche perché l'agitazione della notte ha reso quasi impossibile il sonno.
Carichiamo Himma come sempre, per ultimo alloggio le taniche di benzina di scorta e poi mi soffermo a guardare quel povero ammasso di metallo ricoperto da borse pesanti.
Mi chiedo come potrà trascinare il proprio peso ed il nostro sino lassù.
Smetto di chiedermelo in fretta però, una sola domanda ha mille risposte se prima non provi ! 
Per questo quindi, ingraniamo la prima marcia e partiamo.
La salita, sin da subito, si fa difficile.
La strada è uno sterrato di quelli che non danno confidenza, si viaggia per lo più zigzagando nel cercare di far roteare le ruote nei punti meno accidentati ma un intenso traffico ci avvolge e ci inghiotte.
Centinaia di camion militari, sbuffanti ed ansimanti, salgono e scendono come formiche impazzite.
Occupano tutta la carreggiata, ci costringono a manovre sul bordo della "strada" che tanto strada non è. 
Noi da parte nostra dobbiamo anche occuparci del nostro corpo e vigilare su di esso alla ricerca di elementi di allarme che ci indichino un possibile malessere.
Stiamo bene e proseguiamo, metro dopo metro, sobbalzo dopo sobbalzo, utilizzando perlopiù la prima marcia in quanto, inserendo la seconda, Himma pare soffocare.
L'altimetro del mio orologio indica che abbiamo superato i 5000 metri, manca poco apparentemente, anche se in realtà quegli ultimi trecento metri durano una vita.
Raggiungiamo la cima, siamo felici ma anche avvolti da una miriade di persone che smuove in noi il desiderio di solitudine.
Non perdiamo quindi molto tempo nel goderci il momento anche perché le condizioni di salute, ottime sino a quel momento potrebbero cambiare.
Siamo sul punto più alto carrozzabile al mondo, ci siamo arrivati da soli, in moto, con soli 24.5 cavalli di potenza ma con una voglia di farcela che neppure un motore da corsa avrebbe potuto scalfire.
Ci guardiamo intorno, le montagne attorno a noi sono come grattacieli di Manhattan ma questi li ha creati la natura. 
I nostri sguardi si incrociano, i sorrisi sbocciano, è ora di scendere.
Puntiamo la moto dritta verso la discesa verso la valle opposta, la Nubra valley.
Himma ringrazia, la pendenza ormai a suo favore e la gravità la fanno persino sembrare una moto con il carattere da combattente, peccato si difenda bene solo in discesa.
La strada resta molto difficile ma addosso abbiamo l'adrenalina di chi ha appena conquistato un sogno.
Scendiamo a valle, siamo a 4200 metri, sono esausto ma questo non mi toglie il desiderio di godermi una sana boccata di ossigeno.
Mi accendo quindi il mio secondo sigaro della giornata. In quota, anche per evitare l'immancabile è corretto cazziatone, non l'ho acceso.
La Nubra valle si estende per km con panorami che ci distraggono sin troppo.
Fatico a tenere gli occhi sulla strada, mi affido agli occhi di Gisella la quale come un giornalista sportivo mi dettaglia in forma di telecronaca le cose più esaltanti.
Arriviamo alla fine della valle, troviamo un campo tendato per la notte.
Parcheggio la moto, rimuovo i bagagli, controllo i vari staffaggi di fortuna è con soddisfazione noto che tutto ha tenuto.
Noi stiamo bene, siamo stanchi ma seppure provati esteriormente, ci sentiamo bene.
La notte scende e l'ultimo saluto va a noi, a chi ce la mette tutta e quando appoggia il capo su un cuscino anche un po' sudicio, non ne ha proprio più. 
Il fiato si rilassa, il cuore batte più lentamente e le ultima parole che ho la forza di emettere sono una domanda per Gisella: domani ? Dove andremo ?
Ho tardato troppo ad emetterle, lei è già partita verso quel mondo che ad occhi chiusi ti permette di rivedere con calma ciò che durante il giorno hai solo sfiorato.
Sorrido e mi spengo anche io,
Non ha importanza dove andrò domani, è importante solo con quale spirito percorrerò quelle strade, con quale sorriso affronterò le mille insidie e, non ultimo, quanta importanza darò ad ogni singolo metro che per noi, è respiro, è vita !
























Nessun commento:

Posta un commento