1 ago 2017

Just Crazy.....Just Married

La sveglia suona presta in questa camera di hotel di Manali.
Sono tante le cose che abbiamo da fare, e nessuna di questa sarà forse facile trovandoci in un luogo per noi sconosciuto.
Ci alziamo e separando le tende che oscurano la luce della finestra, guardiamo fuori con la speranza di non vedere più la pioggia torrenziale che ci ha accolti ieri sera.
Sorridiamo nello scorgere alcuni raggi di sole nonostante le nuvole fungano da cappello alle montagne attorno alla città.
Siamo riposati, abbiamo voglia di uscire e scoprire il mondo.
Ci vestiamo in fretta e percorriamo le scale che separano il terzo piano, dove si trova la nostra stanza....la numero 313 che tanto mi ricorda la targa della macchina di paperino, dal piano terra.
Usciamo in strada ed i mille suoni di clacson, il frastuono di un mondo che pare mai fermarsi ci fagocitano all'istante.
Prendiamo un tuk-tuk il tipico taxi cittadino indiano, una sorta di ape della Piaggio.
Con 100 rupie raggiungiamo il centro alla ricerca del concessionario dove ad aspettarci, a dire il vero già da ieri, c'è Himma la nostra moto.
Il mondo là fuori gira vorticoso ed è impossibile persino chiedere una indicazione stradale.
Ci colleghiamo ad internet con il telefono e scopriamo di essere a 3 km dal concessionario quando, stando alle indicazioni ricevute, avremmo dovuto esserci di fronte.
Nuovo tuk-tuk, altre 100 rupie e finalmente arriviamo da lei.
Ci sta aspettando, pronta per aiutarci e sorreggerci in questo nuovo viaggio.
Effettuiamo le attività necessarie per il ritiro, moduli da compilare, fotocopie dei documenti, ecc 
Finalmente giro la chiave del cruscotto, avvio il motore e noi tre, tutti insieme ci dirigiamo verso il nostro hotel.
La moto c'è, i bagagli sono pronti, il Rothang pass ( ovvero il primo dei tanti passi che cercheremo di fare ) è chiuso e non verrà aperto sino a domani.
Sono le ore 12, abbiamo mezza giornata libera......che fare ?
Beh, mille sarebbero le cose da fare, che so....visto che siamo stanchi, riposarci. 
Oppure passare il tempo ad acquistare oggetti che ci ricordino un giorno il nostro vivere vagabondo in India.
Oppure qualcosa di più intenso, qualcosa di solo nostro, che sia più di un ricordo ma nel contempo non sia nulla di materiale.
Che so quindi.....per esempio questo:
Accompagnati da Tushar, un simpatico indiano, ci rechiamo nel tempio Induista di Manali ( Hadimba ) ci togliamo le scarpe e le calze nonostante il fango e mille altre cose che preferisco non citare.
Entriamo in quel luogo sacro, colmo di misticismo mischiato a fumi di incenso, ci sediamo in terra a pensare o forse pregare.
Usciamo da quel luogo sentendoci più vicini alla terra, più uomo negli uomini e non, come a volte accade, un gradino sopra gli altri.
Seguiamo Tushar sino al negozio di abiti, dove per Gisella viene confezionato in due ore uno sgargiante abito Indiano di colore blu, azzurro e bianco, mentre per me cade a pennello un abito completamente bianco. mentre ci guardiamo sorriddiamo della bellezza senza fine che un po di pazzia ti da.
Guardandoci l'un l'altro come fossimo extraterrestri mentre altro non siamo che esseri tutti uguali solo vestiti in modo differente, mi sento toccare la spalla da Tushar, il quale mi invita ad indossare il tipico copricapo che gli uomini, tutti, indossano per l'occasione.
Una sorta di turbante color crema, con spille dorate e piumaggi da ornamento.
Allo specchio mi ricorda quando da bambino, a carnevale, mi vestivo da Sandokan, ma ora bambino non sono anche se forse non tutto di me è cresciuto e magari poco è invecchiato. Solo ciò che si vede da fuori, magari per non dare nell'occhio, ma dentro sono ancora Sandokan....
A Gisella invece viene coperto il capo con una stola bianca la quale, cadendo sulle spalle, la rende simile alle immagini mariane del nostro mondo. Per me invece è bella e mi ricorda la prima volta, in Iran, quando la vidi uscire dalla camera e la chiamai Jasmine...
Camminiamo scalzi per Manali, attraversando le corti che danno l'accesso al terrazzo dove è stato allestito per noi una sorta di altare in stile Indù. 
Il pavimento è gelido, i piedi si gelano di conseguenza.
Ci avviciniamo all'altare dove un sacerdote indù accende per noi mille incensi.
Ci invita a sederci a fianco del piccolo fuoco acceso in terra, si sporca le mani con terra rossa dopodiché ci spalma sul viso quell'intruglio.
Come se non bastasse, ci invita a seguire le sue gesta, bevendo dell'acqua posta dentro un piccolo catino metallico, lanciando petali di rose ed infine.......giungendo le mani prega.
Una preghiera incomprensibile, ma non più di quanto non lo siano mille prediche e preghiere sentite nel mio mondo.
Il fumo del fuoco misto a quello degli incensi ci avvolge, quasi a volerci unire.
Siamo insieme Gisella ed io, siamo qui perché lo desideriamo così come essere insieme è un desiderato.
Sono mille i posti che ci hanno visto transitare insieme, è da ognuno di loro abbiamo portato a casa un ricordo e forse qualche mercanzia.
Da Manali porteremo via la consapevolezza di esserci, di esserci stati e di aver, anche solo per un pomeriggio, anche solo per una forma di coscienza puramente personale che nessun risvolto di obbligo morale possiede, detto si l'uno di fronte all'altro.
Un sì che sa di buono, non pre costruito, nessun obbligo, nessuna bomboniera, lista nozze, partecipazioni, parrucchiere, fioraio o scarpe da acquistare......anzi.....
Un si che null'altro è se non un sorriso profondo, uno sguardo che va lontano come cercheremo di fare noi a partire da domani mattina quando, con le scarpe ai piedi.....partiremo finalmente in moto.
Quindi.....direte voi, era un matrimonio ?
In un certo senso lo è stato, ma nostro, solo nostro.
A dire il vero c'era gente attorno a noi, ma non so chi fossero e neppure loro sanno chi io sia.
Di certo erano persone come me, come voi.
Di certo erano volti che sorridevano.
Di certo, come dico da tempo, erano amici che non avevo ancora incontrato, per questo forse ....sono venuti al nostro matrimonio.
Sono le 21 in Italia, più di mezzanotte qui a Manali.
Sono un po stanco, sarà la giornata intensa che mi ha rubato le energie.
Ripenso al primo post di questo blog, dove qualcuno ( anzi molti ) continuano a dire che forse siamo un po pazzi.
Ho speso una parte della mia vita a dire che non era vero, ma credo inutilmente.
Sebbene pazzo per me non è altro che un termine, forse essere pazzi a questo mondo significa uscire dagli schemi e fare, nel limite del possibile, ciò che ti piace senza curarti del pensiero altrui.
Se così è .......siamo dei pazzi.

Buonanotte mondo,
Buonanotte Jasmine.






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