13 ago 2017

Tibet Free

Una fitta nebbia sale dal basso verso l'alto investendo la cima della collina e le fronde degli alberi sui quali le scimmie, credo babbuini, saltano da un ramo all'altro.
L'umidità ė altissima e tutto pare sudare persino le cose inanimate. 
Il verde del muschio e la sensazione di bagnato è ovunque, si respira un aria densa di particelle d'acqua e la visibilità e pressoché nulla.
La sua casa o forse, il suo tempio, non dista più di 50 metri dalla terrazza della nostra stanza ma a fatica e solo in alcuni momenti riusciamo a scorgerlo.
Pare quasi che questo luogo lui lo abbia scelto per non essere visto, in realtà non l'ha scelto vi è stato esiliato.
Era il 1960 quando, a cavallo di un somarello, scappando e nascondendosi sulle montagne che fanno da confine naturale fra il Tibet e l'India fu costretto a mimetizzarsi fra le persone comuni, mischiarsi fra loro con abiti modesti, raggiungere la città di Dharamsala, inerpicarsi ancora per circa 12 km e li, finalmente ricostruire la sua casa, il suo tempio, il centro spirituale del buddismo nel mondo.
Il Dalai Lama abita qui, a 50 metri da dove ieri siamo arrivati ed ora siamo qui a scrivere.
Un mondo di tibetani esiliati che cerca di ricostruire il loro presente in una terra non loro, senza per questo però dimenticare le loro origini.
Sapevamo di questo luogo che è per i buddisti ciò che rappresenta il Vaticano per i cristiani.
Ed in effetti non manca nulla, comprese le bancarelle di ogni tipo e genere.
Siamo arrivati nel pomeriggio di ieri, dopo un trasferimento montano e tortuoso di circa 200 km.
Siamo scesi molto a sud rispetto le cime che sfiorano il cielo a più di 5000 metri. Siamo scesi dove i monsoni rendono il clima costantemente umido e piovoso in questi mesi.
Arrivando a Dharamsala il traffico Indiano ti fagocita, i mille suoni dei clacson ti assordano ed i mille volti degli indiani alla guida di auto che, nonostante il delirio non paiono mai ammaccate, mi fanno sentire a mio agio in questo luogo.
La salita alla collina, posta a 1800 metri di altitudine è, come di consueto, una piccola conquista.
Le pioggie sgretolano le montagne facendo scivolare sulla strada, ora asfaltata, spanne di fango.
Quindi anche ciò che sarebbe asfaltato diventa sterrato....
Le auto si contendono gli spazi così da intasare e bloccare ogni via possibile.
Non appena un auto o un camion riescono a liberarsi dalla morsa delle altre cento creando lo spazio utile per ripartire, un secondo vi si infila è tutto ricomincia daccapo.
Nessuno litiga, tutti si guardano con occhi sereni in attesa che qualcuno faccia la prima mossa.
È un gioco di scacchi, dove chi ha fatto l'ultima mossa resta in attesa che il proprio avversario, in questo caso altri cento o mille automobilisti, faccia la sua e magari .....sbagli lasciando libero un altro metro di terra dentro il quale, di certo, un terzo incomodo a questo punto si introfulerebbe.
Non credo sia corretto dire che non esistono regole, bensì semplicemente fatico a comprenderle.
Si perché in quel gioco di scacchi, ci siamo anche Gisella ed io, in moto ovviamente, nel fango ovviamente.
La mia testa ruota di 360 gradi come quella di una civetta, o se preferite Barbagianni....
Sento clacson provenire da ogni dove, vorrei dare la precedenza a qualcuno ma sarei costretto a darla a tutti coloro che mi circondano e comunque, questo non basterebbe perché altri cento sarebbero pronti a richiederne diritto.
Quindi, tiro fuori i coglioni, inserisco la prima, noto che Gisella inizia a sventolare le braccia come un vigile urbano posto nel centro di un incrocio e mi lancio.
La ruota davanti entra nel fango, la ruota dietro la segue ovviamente e noi, scivolando ed ondeggiando come su una canoa nelle rapide di un torrente entriamo di prepotenza nella scacchiera di questa nostra India.
È sempre vero, la miglior difesa è l'attacco !
E così, vedendoci determinati e forse.....incazzati, gli altri componenti del complesso gioco nato in quell'ingorgo di fango, si fermano e noi passiamo.
Arriviamo in cima alla collina, una sorta di San Marino nebbioso, putrido e lercio.
I fumi dell'immondizia bruciata, mista ai vapori dei Mooms ( tortelli di carne o verdura bolliti e venduti lungo la strada ), uniti poi alla nebbia del luogo ....rende il tutto di una unica tonalità....grigio India..
Fermo la moto nella piazzetta che fa da imbocco alle viuzze deliranti del piccolo paese.
Gisella scende e si incammina a piedi alla ricerca di un hotel che abbia anche il posto per parcheggiare la moto.
Nel mentre, una sorta di poliziotto con indosso un cappello da texano mi si avvicina e mi dice che devo togliermi in quanto, secondo lui, sono di intralcio......
Mi guardo intorno, centinaia di auto, tonnellate di lamiera e motori fumanti sono bloccati l'uno contro l'altro come tasselli di un enorme puzzle.
Tutti suonano, tutti cercano di conquistare un centimetro di strada.
Ed io.....secondo il finto texano, darei fastidio......?
Accenno un si con la testa, facendo intendere che mi sarei spostato, avvio la moto e mi sposto a destra di un mezzo metro, quanto basta per accontentare l'integerrimo " uomo dell'ordine pubblico".
Finalmente Gisella arriva, sfatta e sudata.
Fatica a parlare ma riesce a darmi le indicazioni per raggiungere l'hotel.
Avanti di 500 metri, dopodiché troverai uno che vende pannocchie abbrustolite, li svolterai a sinistra e salirai su un rampone ripidissimo sino a quando troverai un parcheggio sulla sinistra, lo riconosci perché è completamente ricoperto di muschio e cosparso di polvere bianca ( un allergetico per scimmie ).
Poche indicazioni, sicuramente differenti da quelle che, nel mio mondo mi sarei aspettato, che so....un cartello, una indicazione....
Qui invece devo riconoscere, fra i mille mendicanti, i poveretti  senza gambe, chi di loro stia facendo abbrustolire pannocchie.
Quindi parto, raggiungo il "pannocchiaro" svolto a sinistra e mi inerpico sino al parcheggio.
Himma quasi non riesce a portarmi lassù tanto è ripida la salita, capisco quindi perché Gisella abbia preferito farla, anzi rifarla, a piedi.
Scarichiamo come sempre le borse, ma questa volta con un pubblico di scimmie che, apparentemente divertite, ci osservano.
Lasciamo tutto in hotel e ci dirigiamo verso la casa del Dalai Lama.
Siamo affascinati nel vedere le monache ed i monaci, tutti apparentemente uguali, con i capelli rasati ed il loro vestito rosso e arancio.
Mi appassiona la loro vita in questi luoghi.
Luoghi dove il caos si mescola alla meditazione.
Non capisco davvero dove riescano a trovare la forza di isolarsi nella preghiera e trovare, anche solo per un secondo, quel silenzio e quella pace interiore che è alla base della loro vita.
Io, lo ammetto, in più di una occasione ho davvero sentito forte la necessità di emettere un grido tanto forte da essere udito per tutta l'India, un grido, una esclamazione del tipo " ma cazzooooooo basta con sta clacson !!!".
Loro invece sono li, gambe incrociate, mani intrecciate, occhi chiusi, labbra che lasciano trasparire un piccolo movimento come una preghiera solo sussurrata.
Nulla li smuove, nulla li turba.
Ancora una volta questo mi affascina, la capacità di isolarsi, di rendersi parte di un mondo di silenzi nonostante vivano nel peggior casino che io abbia mai conosciuto.
Poi......quella sorta di catalessi pare rompersi.
Avverto il tipico suono di un cellulare sul quale è appena arrivato un wathsapp.
Un monaco, apre gli occhi, infila la mano destra sotto il saio ed estrae un super tecnologico smartphone.
Legge su di esso il contenuto del messaggio e, sorridendo come se avesse appena letto una informazione scabrosa, la comunica agli altri monaci.
Tutti, a quel punto escono dalla situazione di meditazione ed, uno ad uno, sfoggiano una tecnologia che neppure immaginavo.
iPhone, iPad, iWatch.......tutti a divulgare la notizia appena arrivata.
Mi crolla un po il mondo addosso, mi si impoverisce in un non nulla l'immagine di un mondo ancora libero da vincoli tecnologici.
Mi sento come preso in giro.
Io che pensavo vi fosse ancora, in qualche remoto angolo di mondo, un qualcuno in grado di vivere senza necessariamente essere soggiogato da un insulso e costoso pezzo di elettronica.
Io che mi rilassavo, in quei momenti di pressione e tensione dati dal quotidiano vivere, pensando a coloro che chiusi nella loro meditazione riescono a isolare lo stress estraendo, come una essenza profumata, la serenità di vivere dal semplice nulla.
Io che, molto probabilmente, non ho mai capito una cazzo....
Ora so che non ho ancora trovato quell'angolo di mondo dove questo mio sogno esista ancora.
Forse dovrei arrendermi all'evidenza e tornare a casa senza più cercare quel luogo incontaminato che sogno.
Forse.....
Ma arrendermi non mi piace.
Ed è per questo che domani si riparte ( monsoni permettendo ) verso la Spiti valley, superando i passi che ci separano da essa, cercando quei monti che si affacciano al cielo terso e non più nebbioso.
Per questo andremo lassù dove i telefoni cellulari non prendono .....per ora.
Per questo lasceremo, con rammarico e delusione, questo luogo che ci ha fortemente delusi.
Lo lasceremo però senza dimenticare le sofferenze di questo popolo, di questa gente che se è qui è solo perché ha avuto la forza di abbandonare la loro terra, la loro casa e cercare di ricominciare altrove.
Altrove è dove andremo anche noi, altrove è quel luogo che non conosci.
Io sono fortunato, noi lo siamo.
Possiamo cercare un altrove per scelta e non perché qualcuno mi stai cacciando o ancor peggio perseguitando.
Per questa ragione, per tutti coloro che non possono scegliere, mi stringo in un abbraccio al popolo che ho appena conosciuto e dico loro, sono con voi, non mollate mai, credeteci ancora, Tibet free !!






 





1 commento:

  1. Com'è la situazione meteo? Pare che le piogge stiano causando enormi inondazioni e ingrossamenti di fiumi tra Nepal e nord dell'India. Spero che tutto sia nella norma!

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